venerdì 28 maggio 2010

I Diari di Berlusconi

Silvio Berlusconi al vertice Ocse di Parigi cita i Diari di Benito Mussolini: "Oso citarvi una frase di colui che era ritenuto un grande e potente dittatore, e cioè Benito Mussolini. Nei suoi diari ho letto recentemente questa frase: dicono che ho potere, non è vero, forse ce l'hanno i gerarchi ma non lo so. Io so che posso solo ordinare al mio cavallo di andare a destra o di andare a sinistra e di questo devo essere contento".

Intanto, a Roma, la Manovra studiata da Tremonti e varata dal IV governo Berlusconi, chiude il Museo storico della Liberazione, quello di via Tasso. Che orribile coincidenza.

Mussolini è nei pensieri di Berlusconi da sempre. E' il 1996 quando nel corso di una trasmissione di Italia 1, per giustificare un paragone a lui attribuito tra il governo Prodi e il Fascismo, dice: ''Mussolini è stato un protagonista di vent' anni di storia nel bene e soprattutto nel male. Prodi è casomai una comparsa, delle cronache di questi ultimi mesi, quindi non si può nemmeno lontanamente immaginare un paragone tra i due uomini''.

Torna sul suo statista di riferimento nel 2003, quando al giornalista di Spectator, il settimanale inglese, spiega: "Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare vacanza al confino".

Per un paragone diretto si deve aspettare l'assemblea di Confesercenti, a maggio del 2006. ''Mussolini aveva i nuclei delle camicie nere - rivela - io, secondo i giornali che sono i sottotappeti della sinistra nostra all'estero, avrei i nuclei delle veline. Grazie a Dio, mi sembra un po' meglio...''.

lunedì 24 maggio 2010

Qui, l'unico a risorgere è Cattelan

Non se ne sentiva più parlare dai bambini impiccati all'olmo della Resistenza di Milano. All'improvviso, con una botta di creatività (che ha mangiato?) torna di prepotenza alla ribalta Maurizio Cattelan, come al solito senza che l'Arte si interessi di lui. Il busto di Craxi al posto di quello di Mazzini a Carrara, il cavallo abbattuto con il cartello Inri che gli infilza la coscia nel cortile di Palazzo Reale a Milano, il dito medio da esporre in formato gigante davanti alla Borsa di Milano. Stupore, choc, scandalo. Soloni, solette e soline con le mani nei capelli per i diversi affronti: alla Storia, alla Religione, al Denaro.
Quel che resta dell'arte lo diranno gli storici tra 50 anni almeno. Per il momento si vede la solita provocazione di chi vuol far discutere, forse anche per evitare che si parli della sua arte.
Non è la prima volta: è successo quando ha bombardato il Papa con un meteorite, messo in ginocchio Hitler vestito da piccolo tirolese e tolto le scarpe a Kennedy nella bara, e da ultimo, quando ha chiuso nel frigo la suocera di un ricco committente Usa. Oltreoceano se la ridono ancora, perché quella suocera pare fosse peggio di Xantippe e perché per fare una cosa che desideravano in molti, Cattelan si è anche fatto pagare.
Si vede che non è bastato. Lasciatelo lavorare!

sabato 22 maggio 2010

Era il congresso giusto?

Dice Bersani che dentro il Pd vanno tutti d'accordo e che "in caso di strappo" sapranno "affrontare l'emergenza". Avevamo capito male, non ci sono feudi personali, non ci sono divisioni, c'è un partito così grande che "le correnti sono ingredienti" e tutti devono sentirsi "un po' segretari", anche quelli che litigano da prima che nascesse il Pd.
Si cambia musica: il Senso del Blasco non s'è ancora trovato, qui serve abbattere il muro e spunta Wind of change che gli Scorpions dedicarono appunto alla caduta del Muro di Berlino (ma era l'89, un secolo fa!). Impennata di carie, quella volta, tra i fan del metallico. E anche in questo openPd lo zucchero non è mancato.
Era il congresso giusto, vero? Non è che era quello del partito dell'Amore?
Poche idee, da quel che riportano le cronache: tanta insistenza su toni e termini guerreschi (tregua, soprattutto, ricorre in molti, troppi discorsi). Insomma un gran parlare di "chi siamo", quando mancherebbe anche di sapere "dove stiamo andando".
Per fortuna, il finale con suspense. Bersani che dice "Ora devo andare in Cina, non è che quando torno...".

giovedì 13 maggio 2010

Anemone, fragile e abbandonato



Il nome deriva dal greco ànemos che significa "vento", data la sua vita effimera e, vista questa caratteristica, simboleggia la fragilità e l'abbandono. Però è una pianta perenne.

Nei nomi si nasconde sempre un destino, dicevano gli antichi. L'effimero è chiaro. La vita della pianta anche. Quanto all'abbandono, l'elenco comincia dal presidente del Consiglio "amareggiato nel vedere che a tanti non bastano i benefici derivanti dalla politica" e quindi "questo è solo l'inizio".

venerdì 7 maggio 2010

Zagrebelsky's Point

Gustavo Zagrebelsky mercoledì 5 maggio, dal divano di Serena Dandini: "Sono più importanti gli uomini o le istituzioni? Le istituzioni sono importanti, naturalmente. Ma una cattiva Costituzione può funzionare bene se gli uomini che sono dentro le istituzioni sono uomini buoni, cioè se hanno senso dello Stato, responsabilità verso la cosa pubblica. Ciò che è decisiva è la qualità degli uomini. Non c'è nessuna ottima Costituzione che può funzionare bene se la classe politica è corrotta".

Berlusconi non l'ha presa bene. Se ne è lamentato venerdì 7 maggio, nel corso del Consiglio dei Ministri, facendosi sfuggire pensieri a voce alta sulle "solite trasmissioni pagate con i soldi pubblici che si dilettano ad avere come solito bersaglio il governo e si divertono ad aggredirlo".

mercoledì 5 maggio 2010

Happy birthday mr President

L'8 maggio questo governo Berlusconi compie due anni. Tra scandali e gaffe, ho tenuto il conto degli attacchi alla Costituzione.

2008-2010 Due anni contro la Costituzione, osservatorio dei diritti perduti è un diario fuori bordo, compilato ogni giorno e continuamente aggiornato dal computer di Libertà e Giustizia. "Un quadro stupefacente dell'insofferenza verso una vita politica ordinata e rispettosa dei grandi principi del costituzionalismo", come scrive Gustavo Zagrebelsky nell'introduzione.

Ne parlo a Roma, il 6 maggio alle 20, allo spazio daSud (via Gentile da Mogliano, 170), con Danilo Chirico.

Il libretto nero lo trovate qui.

martedì 4 maggio 2010

Non sono previste domande

Finalmente qualcuno se ne accorge. Nel Paese dove la libertà di stampa è parziale (ma solo se la censiscono gli altri), i giornalisti si rendono conto che non possono più fare domande. Meglio: cominciano a scriverlo.
Il copione si ripete ormai uguale da mesi, da anni. E anche quando Scajola annuncia le sue dimissioni da ministro, dopo lo scandalo dell'appartamento, lo fa in una "presunta conferenza stampa" e se ne va.
La "presunta conferenza stampa" è il modo in cui il presidente del consiglio affronta normalmente i giornalisti. C'è un giornalista spagnolo Miguel Mora di El Paìs che, una volta, ha osato rompere il taboo - era settembre 2009 -, ricavandone in diretta minacce.
E gli altri? Perché non reagiscono, perché non lasciano la sala stampa? Perché riportare le parole dei politici che mettono il bavaglio ai giornalisti?