mercoledì 29 settembre 2010

La lezione del cetriolino

C'è un insegnate del Conservatorio di Milano (ma il titolo una volta si conquistava a suon di concorsi e di esami) che vorrebbe buttar giù i disabili dalla rupe Tarpea. Sbaglia rupe, perché quella che cita era quella che i romani usavano per i traditori, mica quella di Sparta. Lo scrive su Facebook, lo criticano in molti. Ma l'unica cosa che sa dire, dopo sono stato frainteso, è: ho capito la lezione, d'ora in poi userò facebook per svago.

C'è un signorotto di origine italiana con cognome importante che dice che adesso insegnerà storia - a modo suo - dai microfoni di una radio pubblica. Non ci fosse la Costituzione che molti vogliono stracciare, quel figurino ben vestito che balla (male), canta (peggio) e fa strane pubblicità (tutte col marchio coronato però: dai cetriolini agli orologi), bisognerebbe chiamarlo principe. Dovremo seguire le sue lezioni, però, perché adesso suona come una strana coincidenza il trafiletto che il settimanale Panorama dedica alla moglie del signorotto, "nonché - scrive Andrea Mercenaro, autore dell'articolo a pagina 205 - se le cose della politica continueranno a procedere come ora, prossima possibile regina d'Italia".
Butterà i cetriolini di famiglia dalla rupe Tarpea?

martedì 14 settembre 2010

Se a Facebook non piace la parola democrazia

È stato necessario dirlo, denunciarlo, farlo finire su siti e giornali. Facebook aveva di fatto bloccato la pagina Ridateci la nostra democrazia che LeG e Valigia Blu gestiscono insieme per la campagna contro la legge elettorale detta Porcellum. Sei giorni di silenzio salvo poi dare laconiche spiegazioni su quanto accaduto. A noi amministratori della pagina, dopo numerose sollecitazioni e richieste di chiarimenti, è arrivata una mail. Dice, più o meno, che è colpa nostra, abbiamo sbagliato ad usare un nome generico per quella pagina, che bisognava dare un titolo più specifico, di modo che risultasse chiaro chi ne era il promotore.

Ridateci la Democrazia non è un titolo che piace a Facebook, preferivano fin da subito una cosa tipo Ridateci la democrazia di LeG o quella di Valigia Blu. La cosa suona strana: perché nelle indicazioni generali, quando si apre una pagina sul social network, questo dettaglio non è spiegato. Perché poi bloccare la pagina se dobbiamo cambiarne il nome? Non era meglio mandare un semplice avviso: cambiate il nome, altrimenti saremo costretti a bloccare la pagina? Non c’era possibilità di equivoco, però, perché nello spazio delle informazioni c’era tutto: i promotori, il loro sito, le finalità. Allora perché non bloccare la pagina facebook della Costituzione? Anche quella non è nemmeno specificato che sia della Repubblica italiana.
Ora dicono è una questione di titolo. Abbiamo dovuto cambiarlo per riottenere la libertà di scrivere e informare. Non c’era del resto altra soluzione: ma davvero un’azienda privata come facebook può fare quel che crede senza essere tenuta a renderne conto?
Forse, ma è solo un sospetto, la risposta, anche se non è quella che ci aspettavamo, è arrivata perché abbiamo sollevato il polverone. Perché del caso si sono occupati giornali, blog e siti internet.
Il fatto è che a noi interessa la democrazia, tutta quanta, non solo quella di LeG o di Valigia Blu, per cui il titolo giusto della pagina è: Ridateci la nostra democrazia. Un conto è moderare, un conto censurare. E forse è arrivato il momento di affrontare il tema della democrazia nel web con un certo rigore. Una nuova battaglia di cui dovrà farsi carico LeG?

Giustizia da riformatorio

Più che giustizia bendata, questa pare giustizia alla cieca: condannare all'ergastolo il complice di un omicidio, il palo precisamente, per il quale erano stati chiesti 5 anni.
Come si passi da 5 anni all'ergastolo fa parte dei misteri dei magistrati. La Giustizia speriamo tutti che sia un'altra cosa.